Il successo nello sport? Una questione… di esperienza

Pubblicato il 29-03-2022 medaglia 300x200

La vittoria in una gara, il raggiungimento della prestazione ottimale, il superamento di un record; sono molti gli obiettivi di successo a cui uno sportivo può aspirare, ma molti sono anche i potenziali “ostacoli”, interiori ed esteriori, in cui l’atleta può incappare: insicurezze, blocchi, infortuni, sconfitte, stati di demotivazione, forma fisica non ideale…
In passato, nell’ambito delle discipline sportive, non veniva dato grande peso al fattore psicologico. Oggi osserviamo invece che la figura dello psicologo dello sport, così come quella del nutrizionista, sta assumendo un’importanza sempre maggiore all’interno di questo ambito.

Emozioni e pensieri potenzianti (o depotenzianti), uniti alla capacità di saper elaborare le proprie esperienze, positive o negative che siano, possono influire infatti sulla qualità della performance di uno sportivo almeno tanto quanto il suo livello di preparazione tecnica e atletica.

In molti casi, gli atleti che hanno subito sconfitte “importanti”, o che semplicemente non sono riusciti a raggiungere il livello di prestazione desiderato, finiscono per “bloccarsi” in questo stato di cose, attivando un circolo vizioso nel quale l’esperienza negativa caratterizzerà l’atteggiamento futuro dell’atleta nei confronti di se stesso e del proprio impegno nella pratica sportiva, generando con molta probabilità altre situazioni negative, nuovi insuccessi, nuove sconfitte, sportive e personali.

Come uscire da questo circolo vizioso?

La soluzione è più semplice e sorprendente di quello che si pensa…

Utilizzandolo “al contrario”!

Vediamo in che modo.

David Kolb, un teorico educativo americano, negli anni ’80 del Novecento fece una sintesi delle ricerche riguardanti il processo di apprendimento fondato sull’esperienza, sulla scia degli studi condotti da altri psicologi, pedagoghi e filosofi a lui precedenti.

Secondo la visione che emerge da questo approccio, l’apprendimento è un processo che dura tutta la vita, il cosiddetto life long learning. Proprio per questo non si può mai affermare di aver “raggiunto il massimo” della conoscenza in un determinato ambito, ma è necessario ragionare in termini di progressione, evoluzione continua.

Lo schema del ciclo di Kolb è infatti uno schema di tipo circolare, composto dalle seguenti fasi:

  1. Esperienza concreta
  2. Osservazione riflessiva
  3. Concettualizzazione astratta
  4. Sperimentazione attiva

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È sempre necessario partire da un’esperienza concreta e diretta, sulla quale bisognerà in seguito operare una riflessione e un’osservazione interiore che possa far emergere diverse prospettive e significati dell’esperienza stessa. Da queste riflessioni dovranno poi scaturire dei concetti che possano “attivare” le osservazioni teoriche fatte in precedenza, “testandoli” in una nuova esperienza diretta, stavolta qualificata attraverso i significati che noi stessi abbiamo voluto dare.

Ciò significa, in estrema sintesi, che il modo in cui noi stessi abbiamo elaborato le nostre esperienze passate può influire significativamente sulle nostre esperienze future, producendo nuovi successi… o nuovi problemi.

Come applicare tutto questo alla pratica sportiva? Pensiamo al “racconto interiore” che un atleta potrebbe fare a se stesso in seguito a una sconfitta.

“Ho perso, quindi… continuerò a perdere, non riuscirò a migliorare i miei risultati”

Oppure…

“Ho perso, quindi… cercherò di fare meglio di quanto non abbia fatto finora, mi impegnerò a migliorare i miei risultati!”

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Tutto ciò può essere ottenuto attraverso una varietà di “strategie interiori” che ciascuno di noi ha a disposizione e che possono essere sviluppate al meglio affidandosi al supporto di uno specialista, come ad esempio la già citata figura dello psicologo dello sport.

Non si tratta di banale “auto-convincimento”, ma di un vero e proprio lavoro sul potenziamento mentale, in cui la propensione ad andare oltre le proprie certezze attuali, siano esse motivanti o demotivanti, fa sì che l’atleta possa rendersi conto che i risultati negativi possono essere modificati e quelli positivi migliorati ulteriormente, intervenendo in maniera diretta sul “ciclo di apprendimento”, trasformandolo in un circolo virtuoso senza fine.